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Se qualche giorno fa le chiedevi quale sarebbe la soluzione ideale, in caso di cessate il fuoco e accordi pace fra Russia e Ucraina, Giorgia Meloni ai suoi interlocutori rispondeva senza dubbi: «La soluzione ideale sarebbe estendere rete e garanzie della Nato a Kiev, anche senza un ingresso formale nell’Alleanza». Sarebbe una soluzione tecnica difficile, che però sottende il vero obiettivo di palazzo Chigi e della nostra diplomazia: avere delle garanzie di sicurezza in cui la rete di missili, capacità tecnologiche, e spiegamento rapido di mezzi, degli Stati Uniti, sia pienamente utilizzata, almeno nell’ossatura che oggi è inserita nel comando europeo della Nato stessa.

Ma non è detto che agli americani una cosa simile piaccia, o che mai si realizzi, e quindi è probabile che il nostro governo dovrà gestire quello che ancora oggi appare lo scenario meno desiderato dalla presidente del Consiglio: quello che gli anglosassoni definiscono come boots on the ground, ovvero schierare truppe di terra, rischiare la vita di militari italiani, aprire nella sua maggioranza un difficile braccio di ferro con Matteo Salvini, fieramente schierato, anche ieri mattina, sul no netto a qualsiasi intervento militare. Si capisce per quale motivo alla fine a Palazzo Chigi si è sedimentata una linea che appare come quella del Piave, «saremo coinvolti soltanto a patto che tutto avvenga sotto l’egida dell’Onu».









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